Monteleone: tra Rito & Mito

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Chiese

Chiesa e Complesso di San Francesco

Tipologia: chiesa,ex ambienti conventuali
Cronologia: XIII-XVIII secolo
La Chiesa e il complesso conventuale di San Francesco, edificati a seguito dell’insediamento dei frati francescani (1280 ca.), conservano notevoli testimonianze artistiche e accolgono una raccolta epigrafico-scultorea e una collezione di arte sacra, con opere provenienti da Monteleone e dintorni.
La Chiesa di Santa Maria o Madonna dell’Assunta in Monteleone di Spoleto è comunemente nota come Chiesa di San Francesco per l’insediamento dei francescani (1280 ca.). Il primo nucleo è del 1282-1285, con rimaneggiamenti nei secoli successivi e radicali trasformazioni dopo il terremoto del 1703.
Tra 1395 e 1398 si ricavano due chiese sovrapposte: ricca di testimonianze artistiche è la chiesa superiore, a due navate e con portale a colonne tortili e rilievi figurati; il coro della chiesa inferiore è adorno di un vivace ciclo di affreschi tardogotici, mentre in un ambiente adiacente (in origine la navata) sono venuti in luce alcuni arcosolii dipinti. Il chiostro superiore conserva una collezione di frammenti epigrafici e scultorei di epoca romana, medioevale e moderna. Una notevole raccolta di arte sacra (pittura e scultura) è invece esposta in sacrestia.
La pertinenza degli ambienti di culto è del F.E.C., mentre il chiostro inferiore e parte degli ambienti conventuali sono comunali, sede di manifestazioni e del Museo della Biga.

L’ingresso principale alla Chiesa di San Francesco in Monteleone di Spoleto si apre sull’omonima piazza, a destra della Porta detta dell’Orologio. Il monumentale complesso è forse l’opera più appariscente e suggestiva per complessità di sviluppo, arte, e fede. È un libro di storie, Santi e simbologie da scrutare e leggere con cura. Il suo perno principale è l’odierna Chiesa di San Francesco, eretta nel corso del XIV secolo su un precedente oratorio benedettino di XII secolo. Il titolo originario è in realtà quello di Santa Maria o Madonna dell’Assunta (Santa Maria di Monteleone è detta in un codice nel 1393), ma è comunemente nota col nome del poverello d’Assisi da quando, intorno al 1280, vi s’insediarono i primi francescani. Difatti, fino alla soppressione del convento, l’ordine francescano in Monteleone utilizzò sempre e in ogni atto ufficiale un sigillo recante l’emblema dell’Ordine sovrastato dall’immagine dell’Assunta rapita in cielo, con le iniziali S(anctae) M(ariae).
Il primo nucleo di costruzione risale agli anni 1282-1285 al tempo del pontificato di papa Martino IV. La chiesa, nuovamente rimaneggiata nel XV secolo, fu restaurata e ridimensionata in modo radicale a seguito del rovinoso terremoto del gennaio 1703. La chiesa trecentesca era, infatti, di proporzioni ben più slanciate dell’attuale, come del resto appare nella parete esterna, in corrispondenza della zona absidale. Il pavimento fu rialzato fra il 1395 e il 1398, con una volta inferiore a tutto sesto, riducendo di un terzo l’altezza della chiesa originaria, alla quale si accedeva dalla porta ogivale sul lato destro, e creando un nuovo ambiente di culto nella parte inferiore. Gli effetti di questa divisione sono ben visibili nel pavimento interno alla chiesa, che taglia l’affresco con la Crocifissione sulla parete sinistra, ulteriormente mutilato poi dalla successiva apertura di una porta moderna, che immette nell’ordine superiore del chiostro.
La facciata principale (volta a Nord), danneggiata dai vari terremoti e parzialmente tronca nella parte superiore del coronamento originario, è ornata da un portale ogivale di chiaro gusto romano-gotico. Arricchito da un fascio di tre colonne tortili e rilievi di vivace sapore naturalistico con animali, figure umane e angeli, è opera di mastri lombardi. Le ultime due fasce che decorano gli stipiti, poggiati su due leoni di pietra, sono caratterizzate da numerose figure riproducenti fiori, frutti, animali, Santi, angeli, draghi, sole e luna. Nella lunetta superiore è un affresco quattrocentesco, ormai evanescente, raffigurante una Madonna con Bambino fra i Santi Francesco e Nicola. Ai lati del paramento esterno, in particolari condizioni di luce, sono visibili tracce di graffiti devozionali e di una croce. Sul fianco destro i possenti contrafforti con finali scolpiti conferiscono all’edificio un carattere di luogo fortificato, accentuato anche dalla sua posizione e dalla vicinanza alla porta del castello, lungo le mura.
L’interno è a due navate, diviso da pilastri in pietra. La maggiore è decorata dal bel soffitto ligneo dipinto da Giuseppe Frigerio da Norcia (1760); la minore è coperta con volte a crociera e costoloni. Della decorazione murale interna restano numerosi cicli di affreschi, spesso giustapposti fra loro (realizzati fra il XIV e il XVI secolo), purtroppo in parte danneggiati da numerosi rimaneggiamenti. Sono fra questi raffigurati: San Giuliano, Santa Maria Maddalena, San Giorgio, Santa Caterina d’Alessandria, Maria Maddalena, Madonna con Bambino, Sant’Ilarione (?), una Dormitio Virginis, una Crocifissione, un Gesù Sommo Sacerdote. Ricordo di uno degli altari di juspatronato delle famiglie più importanti di Monteleone, poi dismessi, è una tela a olio di forma quadrangolare raffigurante quattro Santi rivolti verso l’altare del Santissimo Sacramento, che in un cartiglio ritratto ai piedi del paliotto, con stemma gentilizio della famiglia Rubeis, rammenta il restauro del medesimo sotto la cura del Reverendo D. Giovanni Antonio De Rubeis. La finta lettera riporta la seguente memoria: “SVB LEONE X° ERECTVM / SVB CLEM(ent)E NON° RESTA(uratu)M / ET AVCTVM ÆRE. R. D. / IOAN(ni)S ANT(on)Y. DE RUBEIS .” ovvero “Questo altare eretto sotto Leone X è stato restaurato sotto Clemente nono e ingrandito dal reverendo Don Giovanni Antonio Rossi”. Dodici tele raffiguranti il Salvatore e gli apostoli adornano la parete destra della navata grande; una lunga iscrizione marmorea, posta fra San Paolo e Sant’Andrea, attesta il dono fattone alla chiesa nel 1630 da Amico Sinibaldi, nobile cavaliere romano (ma discendente diretto dei Sinibaldi di Monteleone). D’interesse sono inoltre il Crocifisso ligneo del XV secolo, posto sopra l’altare omonimo, e il coro ligneo. Alle pareti della medesima navata sono accostati alcuni altari sei-settecenteschi, con tele coeve, fra le quali una Madonna con Bambino, San Francesco di Paola e San Gaetano da Thiene e un’Annunciazione attribuita ad Agostino Masucci del 1723, proveniente dalla Chiesa di San Nicola. Presente anche un organo del XVI secolo, con cassa e cantoria decorate nel Settecento. Fra le acquasantiere ne è una che riporta il simbolo greco del Tau, ultima lettera dell’alfabeto ebraico, che rappresenta il compimento dell’intera parola rivelata di Dio.
Dalla porta che taglia l’affresco con la Crocifissione, si accede al chiostro superiore, un tempo coperto da volte a crociera (delle quali rimangono i punti d’imposta). Le nove lunette a tempera (esclusa la prima), realizzate nella prima metà del XVIII secolo, sono inerenti alla vita di San Francesco. Ai piedi di queste, e lungo tutta la parete del corridoio, è raggruppata a modo di antiquarium una piccola raccolta di frammenti epigrafici e scultorei di epoca romana, medioevale e moderna, voluta dal parroco Don Angelo Corona. Parte del materiale architettonico medioevale proviene infatti dalla parrocchiale, mentre una statua muliebre acefala è stata recuperata dalla chiesa di Sant’Erasmo a Trivio. Qui è anche l’iscrizione funeraria romana di Sesto Vettuleno, rinvenuta decenni fa a Forca di Usigni, in comune di Poggiodomo, e recante il seguente testo: “SEX VETTVLENVS. P. F. GRAGVS / VETTVLENA. SEX. F. VXOR”.
Nella sacrestia è ospitata una piccola ma notevole raccolta di arte sacra, che include una Madonna con Bambino proveniente da Castelvecchio, scultura lignea del secolo XIII. Dal chiostro superiore si accede a quello inferiore, ricco di frammenti pittorici databili fra il XIV e il XV secolo. Qui, accanto a un arcosolio con Madonna in trono fra Santi, è un raro affresco raffigurante la suddivisione dell’Universo secondo il sistema Tolemaico con la Terra al centro (che racchiude in sé l’Infernus), circondata da vari elementi, in scala gerarchica secondo le credenze dell’epoca.
Da una porticina angolare si accede invece al coro della Chiesa inferiore, dedicata ad Antonio di Padova. Si conservano vivaci affreschi, prevalentemente di soggetto francescano e databili tra gli ultimissimi anni del XIV e gli inizi del XV secolo, che costituiscono un’interessante testimonianza della pittura dell’Umbria meridionale. L’ambiente centrale, in corrispondenza della navata superiore, ebbe vari utilizzi, fra cui quello di sepolcreto e poi di teatro. Sulla parete di sinistra sono venuti in luce alcuni arcosolii riccamente dipinti. La chiesa, aperta occasionalmente al culto, è di proprietà del Fondo Edifici di Culto (F.E.C.) del Ministero dell’Interno. Il chiostro inferiore e parte degli ambienti conventuali, di proprietà comunale, sono di sovente luogo di rassegne d’arte, manifestazioni e incontri culturali, nonché sede del Museo della Biga.