Monteleone: tra Rito & Mito

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Palazzi e Monumenti

Palazzo Rainaldi-Bernabei

Tipologia: palazzo signorile
Cronologia: XVIII secolo
Il Palazzo Ranaldi-Bernabei nasce, nel 1755, dall’accorpamento di più unità abitative sorte sul sito degli ex locali monastici della Chiesa di San Giovanni Battista. L’armonico prospetto principale reca due portali gemelli a bugnato e tre eleganti balconcini con ringhiera bombata in ferro battuto.
Il Palazzo Ranaldi-Bernabei sorge accanto alla Chiesa di San Giovanni Battista, sul sito già del monastero giovannita. Nato nel 1755 dall’accorpamento di più corpi edilizi, ha un armonico prospetto principale, con due portali gemelli in pietra, lavorati a bugnato liscio e con rilievi (leoni rampanti e leoni su tre monti). Al di sopra delle cornici marcapiano si hanno due registri di finestre, con nove aperture per il piano superiore e, nella fascia mediana, sei finestre alternate a tre balconcini (settecenteschi quelli laterali; riproduzione moderna in stile il centrale). Questi ultimi sono dotati di una bella ringhiera bombata in ferro battuto, con piano di calpestio in pietra sorretto da tre mensole. Lo stemma della famiglia Rainaldi orna sia il balcone di sinistra sia l’angolo smussato del palazzo, in alto a sinistra.
Nella struttura, oggi divisa in più proprietà e unità abitative, durante il ventennio fascista ha sede il “Fascio di Combattimento di Monteleone di Spoleto”.


Il Palazzo Ranaldi-Bernabei, posto all’ingresso del Terziere di San Giacomo e affacciante sull’attuale Corso Vittorio Emanuele II, civici nn. 4-8, sorge a lato della Chiesa di San Giovanni Battista, sul sito originario dei locali del monastero giovannita, già precedentemente trasformati in abitazioni private (nel 1465, infatti, il cardinale Eroli lamenta l’occupazione dei locali facenti parte del Monastero di San Giovanni da parte di privati cittadini).
L’accorpamento di più corpi edilizi è evidente nella facciata posteriore che, con aperture disomogenee, si affaccia sulla linea esterna dell’ultimo circuito murario risalente al XV secolo. L’imponente palazzo settecentesco mostra invece un armonico prospetto principale, con due bei portali gemelli in pietra, lavorati a bugnato liscio e i cui rilievi ripropongono lo stemma di Monteleone di Spoleto (leone rampante su tre monti) o forse meglio quello dei Tiberti, che vi ebbero la proprietà. Al di sopra, separati da cornici marcapiano, si hanno due registri di finestre, con nove aperture per il piano superiore e, nella fascia mediana, sei finestre simmetricamente alternate a tre balconcini (originali quelli laterali settecenteschi, ma riproduzione moderna in stile il centrale). I balconi hanno una bella ringhiera bombata in ferro battuto, con piano di calpestio in pietra sorretto da tre mensole aggettanti. Nella parte più alta della facciata è la cornice del tetto, la cui membratura lineare è interrotta da alcuni decorativi motivi in stucco.
Lo stemma, che orna sia la ringhiera antica del balcone di sinistra sia l’angolo smussato del palazzo in alto a sinistra, è indicabile quale insegna araldica o arme propria della famiglia Rainaldi. Il secondo si presenta con un rilievo in stucco composto da un grande scudo sormontato da un elmo, rivolto di profilo verso sinistra e con visiera abbassata; è troncato da una fascia ristretta d’argento, caricata da tre quadrifogli: al 1° al sole raggiante con volto antropomorfo in campo d’oro, al 2° ai tre pali (bande oblique) in campo azzurro. Gli interni, oggi divisi in più proprietà e unità abitative, presentano ancora agli inizi del XX secolo un ricco apparato decorativo. Durante il ventennio fascista parte dell’imponente struttura è sede del “Fascio di Combattimento di Monteleone di Spoleto”.
L’edificio prende il nome dalla famiglia Rainaldi (o Ranaldi), attestati a Monteleone ancora nella seconda metà del XIX secolo, e da quella dei suoi successivi proprietari, i Bernabei. La famiglia Ranaldi ha diverse proprietà urbane e nel territorio circostante, fra cui un casale a Nempe e uno a Butino, in “vocabolo Trevigaglia con li suoi terreni”, testimoniati nella conservazione della toponomastica locale di una strada denominata Via Casale Ranaldi, e di un casale Macario o Maccario appartenuto nel XIX secolo a Rita Ranaldi, figlia di Mariano, andata in sposa a Bartolomeo Vannozzi. Tra i suoi avi è il notaio monteleonese Maccario Rainaldi, del quale si conservano atti per gli anni 1556-1563. Altro membro noto è il capitano d’arme Alessandro, vissuto fra il XVI e la prima metà del XVII secolo, la cui cappella gentilizia era un tempo conservata nell’attigua Chiesa di San Giovanni, della quale era generoso benefattore. Dalla sua numerosa prole uscirono diversi medici e i fratelli Pasquale, Macario, Domenico e Angelo. Dall’unione di quest’ultimo con Anna Maria Moriconi nasce Alessandro Antonio, presente in un documento del 1666 e successivo unico intestatario delle case più antiche e delle diverse proprietà, tutte qui concentrate sui due lati della strada del Borgo, costituite da caseggiati, stalle e orti. Ai suoi discendenti si deve la riunificazione dei diversi beni in un’unica soluzione architettonica, avvenuta alla metà del Settecento (1755).
Per la famiglia Bernabei sono invece noti il giovane prelato D. Barnaba, morto nel 1741 all’età di 25 anni, e un medico Carlo Bernabei, “phisicus, fama expertissimus artis medicae”, che lavora a Monterotondo, a Terni e all’Ospedale San Giacomo degli Incurabili in Roma, morendo nel 1782.