Monteleone: tra Rito & Mito

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Baluardo dell’Annunziata e strutture difensive

Tipologia: architettura militare
Cronologia: XIV-XV secolo
Il Baluardo dell’Annunziata, che prende nome da un’omonima chiesa urbana (oggi in rovina), è uno degli otto baluardi appartenenti alle alte mura a sei torri che circondano il borgo. Un importante ampliamento difensivo è operato nel 1463-65 dal noto mastro lombardo Beltramo di Martino da Varese.
Il Baluardo dell’Annunziata, nato a controllo del fiume Corno e del passo per Cascia, prende il nome dai ruderi fatiscenti della vicina Chiesa urbana della Santissima Annunziata. È uno degli otto baluardi che appartengono alle alte mura con sei torri che circondano integralmente il borgo di Monteleone di Spoleto, cittadina nata in una posizione di grande importanza strategica, quale luogo di confine e di transito con il Regno di Napoli. Il restauro e l’ampliamento delle mura castellane è ascrivibile agli anni 1463-65, con la realizzazione di baluardi costruiti secondo i nuovi ritrovati dell’architettura fortificata contro le armi da fuoco. Queste opere di ingegneria militare portano la firma di un noto mastro lombardo dell’epoca, Beltramo di Martino da Varese (o Beltrando da Como o da Bormio), un noto impresario e architetto idraulico, civile e militare operante nell’Italia centrale del XV secolo e attivo, tra l’altro, a Roma e nello Stato Pontificio.


Monteleone di Spoleto appare subito, per ogni lato, chiusa e circondata da un lungo circuito di alte mura composto da sei torri e rafforzato, nei punti più sensibili, da ben otto baluardi. Queste ultime difese, sporgenti dalle mura e a controllo e fortificazione delle porte di accesso, trovano la ragione della loro edificazione nel corso della seconda metà del XV secolo, quando si acuiscono molte liti e “scaramuzze” interne ed esterne fra Monteleone di Spoleto e i paesi vicini. Il centro, posto in luogo di confine e d’importante transito con il prossimo Regno di Napoli, è costantemente vigilato da truppe armate e circondato da possenti difese. In questo clima d’incertezza, sentendosi minacciata, la città di Spoleto invia a Monteleone un nuovo podestà, lo spoletino Piersanto Saccoccio Cecili, con un presidio stabile di settanta uomini; restaura inoltre la fortezza, con una nuova torre, e procede ad un invio coatto a Spoleto di alcune famiglie sospette. A partire dal 1464 numerosi sono gli scontri per i confini tra Monteleone e la vicina Cascia. Una “cavalcata” dei Casciani viene respinta da Monteleone durante la sede vacante seguita alla morte di Pio II (i Monteleonesi, usciti dalle mura, fanno strage dei nemici e li respingono).
L’anno successivo, il nuovo pontefice Paolo II dispone la ricostruzione del castello di Cascia, al fine di riordinare i luoghi di confine, e affida il governo del castello di Monteleone al commissario pontificio Raffaele di Mantova. La questione non risulta particolarmente gradita ai monteleonesi, che scrivono ai priori del Comune di Spoleto, invocandone la benevola protezione e confermando la propria devozione filiare.
Proprio agli anni fra il 1463 e il 1465 è ascrivibile il restauro e l’ampliamento delle mura castellane, con la realizzazione di baluardi costruiti secondo i nuovi ritrovati dell’architettura fortificata contro le armi da fuoco. Queste opere di ingegneria militare portano la firma di un noto mastro lombardo dell’epoca, Beltramo di Martino da Varese, conosciuto anche come Beltrando (da Como o da Bormio) o mastro Beltramo Lombardo, un noto impresario e architetto idraulico, civile e militare di origine chiaramente “Lombarda”, operante nell’Italia centrale del XV secolo. Fra i massimi imprenditori edili è attivo a Roma e nello Stato Pontificio sotto papa Nicolò V (1447-1455) nei cantieri della Rocca di Orvieto (1451) e nella parziale ricostruzione della nuova basilica di San Pietro; sempre a Roma lavora a Castel Sant’Angelo sotto Pio II (1458-1464), all’acquedotto della vergine per Paolo II (1464-1671) e alla rocca di Viterbo (negli anni fra il 1444 e il 1469). Dotato di forti capitali e di un proprio esercito di operai, nonché di calcare e fornaci per la produzione di laterizi nell’urbe, realizza in pochi anni un introito di oltre 30.000 ducati annui per i soli costi delle forniture per l’industria edile. Viene ricordato più per le testimonianze grafiche che per le opere, ormai in gran parte distrutte o completamente alterate. A Beltramo da Varese, fa sicuramente riferimento un corposo gruppo di lavoro di alta specializzazione tecnica, composto dal nipote Giovanni Piccinino, Pietro di Giovanni e Giorgio da Varese, che nel campo dell’architettura militare del tempo si distingue nella ricostruzione o costruzione di nuovi impianti difensivi: oltre che nella già citata fortificazione di Castel Sant’Angelo, anche nella torre del Soldano e in quella di Niccolò V al Campidoglio, nelle rocche di Ostia, di Santa Marinella e di Tivoli; nei castelli di Cascia (1465), Arquata e Monteleone di Spoleto e anche in Castel Nuovo a Napoli. Agli anni 1468-69 risalgono alcune note di pagamento effettuate dallo Stato Pontificio a favore del nostro Beltramo e a un tal mastro Francesco, proprio in conto delle “fabbriche dei Castelli di Cassia, Arquata, Monteleone”. Qualche anno dopo si hanno ancora notizie di ulteriori “Spese de Rocche che Thesaurero di Perugia paga de luoghi che non riceve altre intrate che subsidii: Monteleone fl. 90”.
Rinomati sono anche i diversi pezzi da fuoco o artiglieria, in parte ancora minimamente conservati a metà del XIX secolo nei locali sotterranei in San Francesco, già adibiti ad armeria comunale. Riguardo alle mirabili difese architettoniche poligonali, che colpiscono a prima vista il visitatore, come scrive il Corona: “partendo da oriente troviamo il baluardo dell’Annunziata e proseguendo verso l’alto, scavalcato il versante di Pago, si raggiunge il baluardo della Macchia, poi si incontra una torre quadrata ve un altro baluardo alla porta della Fonte; di qui un camminamento conduce ad uno dei baluardi della porta di Borgo, vicino alla quale si innalzano due torri; poi le mura scendono verso il basso e sono ornate da una torre rotonda ed ancora più in basso raggiungono il baluardo della porta delle Monache, forse il più bello; più giù ancora, sopra la chiesina della Madonna della Quercia, troviamo un altro baluardo, il più alto di tutti e dopo aver toccato un’altra torre piegano orizzontalmente verso il baluardo di Catòsa per ricongiungersi con quello dell’Annunziata”.
Queste difese non salvano comunque il castrum e il borgo di Monteleone da ulteriori minacce, che perdurano, grazie all’instabilità politico-militare italiana, per tutto il corso del XV secolo. Il territorio della Valnerina diviene nuovamente teatro di conflitti e rifugio di banditi della parte ghibellina, come già nel biennio tra 1474-1475 e durante la ribellione del 1478. In quest’ultimo anno, Sisto IV riunisce il territorio sotto un’unica amministrazione, creando a Norcia il Governatore di Breve, con diretto controllo sui territori di Monteleone, Cascia, Norcia, Cerreto e Visso. Con l’elezione di Innocenzo VIII nel 1494, avverso al Re di Napoli, il territorio di Monteleone è nuovamente soggetto alle continue razzie e agli sconfinamenti dei vicini centri “regnicoli”. Nel 1494 la lotta tra Alessandro VI e il partito dei Colonna-Varano-Savelli si riaccende, soprattutto a causa delle speranze dei Savelli legate alla discesa di Carlo VIII in Italia. A farne le spese sono, ancora una volta, anche i castelli della Valnerina, sottoposti al passaggio sul loro territorio delle compagnie di ventura, tra cui quella dei 400 armati al comando di Camillo e Paolo Vitelli di Città di Castello. Cascia paga la taglia richiesta, mentre Monteleone, essendo ben munita, tenta la resistenza; l’assedio si conclude pochi giorni dopo con la resa e il saccheggio della cittadina.
Il Baluardo dell’Annunziata, posto in fondo dell’omonima via e a controllo del fiume Corno e del passo per Cascia, prende il nome dai ruderi fatiscenti, ma ancora visibili, della vicina Chiesa urbana della Santissima Annunziata, che sorgeva in uno dei posti più incantevoli del borgo, dove è possibile ammirare un paesaggio che spazia dalla Gola delle Ferriere fino alla cima del Terminillo.