Monteleone: tra Rito & Mito

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Monastero di Santa Caterina d’Alessandria

Tipologia: complesso monastico
Cronologia: XIV-XVIII secolo
Il Monastero di Santa Caterina, nato nel XIV secolo come sede di religiose “clarisse” di regola agostiniana, è abbandonato dopo la soppressione del 1866. I ruderi della chiesa settecentesca conservano ancora eleganti decorazioni rococò e, in uno degli ambienti monastici, è la ruota degli esposti.
Il Monastero di Santa Caterina d’Alessandria nasce a Monteleone di Spoleto ai principi del XIV secolo, a ridosso delle mura cittadine (poi incluso nella terza cinta muraria). Le religiose, di Regola agostiniana, sono probabilmente legate alla comunità di Chiara di Montefalco (1268-1308). Colpite dalla Legge di soppressione dei beni ecclesiastici del 1866, si trasferiscono a Cascia; i loro terreni sono venduti e le strutture affidate al Consorzio dei Possidenti.
Il convento è oggi in rovina e della chiesa restano solo i ruderi dello splendido edificio settecentesco. La pianta, giocata sulle forme rettangolari ed ellittiche, è movimentata da nicchie e da un tamburo ovale. All’interno le decorazioni in stucco sono di un elegante stile Roccocò.
Negli ambienti inferiori è ancora visibile la ruota degli esposti, destinata all’accoglimento dei neonati abbandonati. Rilievi con l’emblema della ruota sono apposti su edifici adiacenti ai resti della struttura monastica, attestandone la pertinenza.


Il Monastero di Santa Caterina d’Alessandria a Monteleone di Spoleto nasce ai principi del XIV secolo, a ridosso delle mura cittadine (e poi incluso nel terzo ampliamento della cinta muraria), accanto a un precedente complesso monastico dedicato a Sant’Agnese. Alcuni documenti del 1310 attestano i nomi delle monache (Buccia di Romano, Margherita e figlia, Jacoma de Straccione, Paolina Compita de Scagno, madonna Annetta, madonna Filippa, madonna Rosanna di Tiburzio, Ceccarella) che, provenienti dal Monastero di Santa Caterina a Norcia, si trasferiscono a Monteleone ottenendo un terreno (con proprietà già appartenenti a Sant’Agnese) e il consenso per stabilirvi la propria sede. Le religiose, di Regola agostiniana, sono probabilmente legate alla comunità di Chiara di Montefalco (1268-1308), la cui santità in vita produce il fervido entusiasmo di numerose seguaci e la repentina nascita di nuclei comunitari a lei ispirati.
Qualche anno più tardi le monache di Santa Caterina si trasferiscono temporaneamente nel Monastero di San Giovanni a Porta Spoletina, fatto erigere dal monteleonese Napoleone Tiberti, per poi tornare stabilmente verso i principi del XV secolo nel primitivo insediamento (il cardinale Eroli nella visita del 1465 lamenta l’occupazione dei locali facenti parte del monastero di San Giovanni da parte di privati cittadini e interroga alcuni testimoni che rammentano l’ultima inquilina, suor Margherita, che lì aveva dimorato circa una sessantina di anni addietro).
Le strutture monastiche, nel frattempo edificate, sono danneggiate dal terremoto del 1703 ma subito riparate.
Colpite dalla Legge di soppressione dei beni ecclesiastici del 1866, le monache si trasferiscono a Cascia; i terreni sono venduti a privati e le strutture affidate al Consorzio dei Possidenti di Monteleone.
Il convento è oggi purtroppo in rovina e la chiesa, i cui ultimi interventi di restauro risalgono agli anni 2002-2004, è ormai soltanto l’ombra dello splendido edificio settecentesco. La complessa pianta è di forma esternamente rettangolare, con una sporgente abside quadrangolare, e internamente ellittica (movimentata dall’apertura di nicchie). Sormonta le mura un grosso tamburo ovale, con quattro finestroni. La facciata è scandita da quattro paraste e il portale recava elementi in pietra, purtroppo perduti. La porta laterale, posta sul lato sinistro, conserva i battenti lignei con specchiature sagomate, con tracce di parti metalliche scomparse, mentre l’architrave lapideo reca a rilievo una croce con i terminali trilobati. All’interno le belle decorazioni in stucco sono di un elegante gusto Roccocò, con putti, festoni, cornici floreali e modanature. Sugli altari laterali erano apposti a sinistra una tela e a destra un quadruccio, dei quali restano solamente le cornici in stucco (la seconda decorata da un esuberante ornamento con putti e raggi luminosi). In alto le grate lignee permettevano alle religiose di partecipare alla liturgia rispettando le regole di rigida separazione dai fedeli laici. Delle quattro porticine che si aprono agli angoli dell’ambiente, quella a destra del portale principale è dipinta a trompe l’oeil, secondo i dettami illusionistici dell’epoca, rispettando così la simmetria della distribuzione. La pavimentazione creava una trama a raggi concentrici.
Negli ambienti inferiori è visibile la ruota degli esposti, ovvero un meccanismo ligneo di forma cilindrica con congegno girevole, destinato all’accoglimento dei neonati (gli esposti), che venivano lasciati in anonimato alle cure delle monache.
La ruota, emblema del martirio di Santa Caterina, è ancora osservabile su alcuni edifici adiacenti ai resti della struttura monastica. Attraverso l’apposizione di questo simbolo a rilievo su pietra, di consistenza durevole e in posizione ben visibile, generalmente presente sulla porta d’ingresso, veniva indiscutibilmente attestata la pertinenza dell’immobile al monastero.