Monteleone: tra Rito & Mito

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Cappella di Santa Maria della Cerqua o Quercia

Tipologia: cappella extraurbana
Cronologia: XVI-XVIII secolo
La chiesetta della Madonna della Quercia nasce dalla fusione tra la devozione all’eremita monteleonese Gilberto e il culto della Madonna della Quercia di Viterbo. I dipinti nella zona absidale sono di XVII e XVIII secolo, mentre le pianelle dipinte del soffitto risalgono al 1726.

La Cappella di Santa Maria della Cerqua o Quercia di Monteleone di Spoleto sorge fuori dalle mura, ai piedi del monastero di Santa Caterina. La sua fondazione è associata al prodigio dell’eremita monteleonese Liberto o Gilberto, che nel secondo XIV secolo assiste, a seguito di preghiere rivolte alla Madonna, alla crescita improvvisa di un albero di quercia. La storia religiosa locale viene però fusa con il culto della Madonna della Quercia di Viterbo.
La piccola struttura di forma trapezoidale ha unico altare con edicola, al cui interno è dipinta una Madonna della Quercia di XVIII secolo. Nella calotta campeggia una pittura seicentesca con l’Eterno Padre. Sulla parete destra dell’ambiente è un altro riquadro votivo.
Il soffitto, a pianelle in cotto, reca vari simboli (stelle, stelle comete, soli, lune, fiori). Su alcune mattonelle sono leggibili la data di messa in opera (1726) e i nomi delle famiglie che sovvenzionano l’impresa. Nella ristrutturazione del 1990 vengono aggiunte iscrizioni e disegni schematici.
 


La Cappella di Santa Maria della Cerqua o Quercia sorge fuori dalle mura castellane, ai piedi del monastero di Santa Caterina, nel punto d’innesto tra due antichi tracciati viari di accesso al paese. La sua fondazione è legata a un prodigio che, invece, l’erudito del Seicento Ludovico Jacobilli, pone in altro luogo, narrando che il venerabile eremita Liberto o Gilberto, stanziatosi nella seconda metà del XIV secolo nella pieve di Santa Maria del Piano de Equo, nella vallata di Ruscio (frazione di Monteleone di Spoleto), era in viaggio verso Rescia (altra frazione monteleonese). Stanco e accaldato, si fermò a riposare vicino ad un albero recante un’immagine della Madonna, alla quale rivolse una preghiera. Al risveglio, il bastone che aveva conficcato nel terreno, era rinverdito; nei pressi era cresciuta una grande quercia e zampillava una fonte di acqua limpida. Nel resoconto della visita pastorale compiuta dal vescovo Carlo Giacinto Lascaris tra il 3 e il 10 ottobre 1712 si afferma, invece, che il miracolo della quercia (scisso da quello della fonte) sia avvenuto sulla china nei pressi del monastero di Santa Caterina, dove è sorta la chiesetta della Madonna della Quercia. Ci troviamo probabilmente in presenza di una contaminazione della storia religiosa locale (che riconosce a Liberto il miracolo del bastone rinverdito) con il culto della Madonna della Quercia di Viterbo. La fusione è probabilmente favorita dalla collocazione geografica di Monteleone sulla via della transumanza (percorsa dai pastori per condurre gli ovini al pascolo tra gli Appennini umbro-marchigiani e la Maremma), lungo la quale vengono eretti numerosi santuari dedicati al culto viterbese. Riscontri del legame tra la Madonna di Viterbo e Monteleone si hanno sia nelle fonti documentarie (nel 1518 un commerciante di Monteleone è in rapporto con i frati della Quercia, mentre nel 1576 è attestato un lascito per devozione di un monteleonese al medesimo santuario) sia nelle testimonianze iconografiche (alla fine del XV secolo nella Chiesa di San Francesco vengono raffigurati ben tre dipinti votivi che propongono l’iconografia della Madonna con il Bambino a mezzobusto, identificati da un’iscrizione come “Madonna della Cerqua”).
Nel crocevia posto ai piedi della comunità delle clarisse è la piccola struttura di forma trapezoidale, che conserva decorazioni sei-settecentesche. Dietro l’unico altare è un’edicola dipinta e, nell’emiciclo della calotta soprastante, è uno squarcio tra le nubi che mostra figure angeliche accerchianti l’Eterno Padre, il quale tiene la mano destra benedicente e nella sinistra un globo. Di gusto ancora classicheggiante, tali pitture sono da riferirsi al XVII secolo. Settecentesca è, invece, la raffigurazione del busto della Vergine con il Bambino tra i rami di un albero di quercia, dipinta all’interno dell’edicola. Sulla parete destra dell’ambiente è un quadruccio votivo con la Madonna della Quercia e una struttura che occupa buona parte del campo visivo. Le pitture sono state restaurate tra il 2001 e il 2002.
Il soffitto a doppio spiovente ha un telaio in legno che sorregge pianelle in cotto recanti vari simboli (stelle, stelle comete, soli, lune, fiori), il cui disegno, in origine probabilmente regolare, è stato alterato nell’operazione di rimontaggio durante un restauro. Su alcune mattonelle sono leggibili la data di messa in opera, in numeri romani e arabi (“A.D. MDCCXXVI” e “1726”), e i nomi delle famiglie che sovvenzionano l’impresa (“De Gentilibus”, “De Renziis”, “Valentinus”, cui si affiancano le iniziali “P.T.”). Nella ristrutturazione operata nel 1990, su una colonna di pianelle del sottotetto vengono apposte alcune iscrizioni (“CON LE OFFERTE DEI DEVOTI”; “IMPRESA DI ENZO (…)”; “OPERAI SALAMANDRA SANTE, SALVATORE GIOVANNI 6/3/1990”; “RESTAURO ANNO 1990”) e un disegno schematico, già sbiadito, con la Madonna tra una croce e alberi. A poca distanza è abbozzato un San Liberto con il bastone sotto una grande quercia.
Fino al secondo dopoguerra le pareti della cappella (oggi vuote) sono arricchite da numerosi ex voto, testimonianza della persistente devozione dei fedeli a questo luogo.